Finis Europae

A due passi dal precipizio

Nel 1915 nessun cittadino austriaco aveva la minima impressione che l’impero austroungarico si sarebbe dissolto da li a tre anni. Si, c’era qualche problema ma non tale da pensare che gli Asburgo potessero cadere e il loro mondo plurisecolare finire per sempre. Nel 2015, nessun cittadino europeo si sente di poter scommettere in generale sulla tenuta dell’Unione da qui a fine anno. Questo, perché a contrario dell’impero cacanico, l’Ue, ovunque la si giri, sembra un colabrodo. In ogni momento si tocca con mano la sua inadeguatezza, tale che ritenerla sprovveduta nelle sue iniziative è un eufemismo. Appena il presidente Juncker aveva finito di illustrare il suo formidabile piano per la ripartizione dei migranti, era istintivo un paragone con quelli forniti dall’Azione parallela del romanzo di Musil “L’uomo senza qualità”: impossibile che fossero mai realizzati. Se poi qualcuno volesse credere alle capacità operative della Commissione di distribuire i migranti nei paesi dell’Unione, ecco i risultati delle elezioni in Polonia a chiudere ogni discorso. Il leader liberale Komorowski si trova sotto di qualche punto percentuale al partito ultranazionalista di Duda e costretto al ballottaggio. Purtroppo, l’elettorato di destra in Polonia è esteso anche se frammentato e al secondo turno, potrebbe facilmente far convergere i suoi consensi su Duda e chiudere l’esperienza liberaldemocratica intrapresa. Pensare che il governo liberale ha vantato ritmi di crescita economica degni della Cina, dispone di conti pubblici in ordine, e ottiene un flusso continuo d'investimenti d'eccellenza. Tutto questo non è riuscito a cancellare i risentimenti ed i malcontenti dei nazionalisti che rimpiangono tradizioni legate alle ferite impresse nella storia polacca. In più c’è una Chiesa che è passata dalla visione di un Wojtyla all’accecamento dell’integralismo forsennato di Radio Maryja. Se mai la Polonia finisse nelle mani di Duda, dopo che l’Ungheria è nelle mani di Orban, state a vedere i magnifici piani di Jucker dove andranno a finire. Non ci sarebbe nemmeno l’ipotesi di un blocco europeo dell’est, perché l’Ungheria è filo russa, quando la Polonia considera i russi come li considerano gli ucraini. E Duda, mette anche i tedeschi sullo stesso piano dei russi. Possiamo sperare nei miracoli, ma contare che nel 2019 ci sia ancora un’Europa unita in grado di procedere sulle direttive della Commissione di un altro Juncker è quasi come credere che nel 1919 Francesco Giuseppe potesse risalire a cavallo il ring di Vienna per ricevere gli applausi del suo popolo fedele.

Roma, 11 Maggio 2015